I mostaccioli
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Una volta si diceva: ‘mo veni a fera e ‘nd’accattamu a ciucculatera, (adesso viene la fiera e ci compriamo la cioccolatiera). Si attendevano con ansia le due, tre fiere annuali che erano occasione di incontro e di scambio, ma anche per comprare la zappa nuova, pignatte di terracotta, padelle, scodelle ed ogni altro tipo di mercanzia necessaria alla vita quotidiana e al lavoro.
Tra le bancarelle, allestite per l’occasione, un posto importante era quello occupato dai cosiddetti mastazzolari di Soriano Calabro che andavano continuamente per fiere e mercati di tutta la regione portandosi appresso una particolarissima cassapanca. Era un contenitore-scrigno e quando i mastazzolari aprivano questa cassa scoprivano un vero e proprio tesoro di odori, di profumi di mosto e di miele e colori di ambra ed oro, di lamine policrome di carta argentata rossa, verde e argento, che rifletteva magicamente al sole. I mostaccioli sono da sempre i protagonisti nelle fiere calabresi un prodotto così buono che ha, da sempre, una grandissima rilevanza sull’economia locale del vibonese e di Soriano Calabro, area storica di produzione e consumo.
La vera origine dei mostaccioli è incerta, forse araba, anche se il nome deriva dal latino "mustacea". Una leggenda diffusa a Soriano e dintorni ne affida la diffusione ad un monaco misterioso, apparso all’improvviso e sparito poi nel nulla, che li avrebbe generosamente offerti alla popolazione di Soriano. Per la storia, invece, l’introduzione dei mostaccioli si attribuisce ai monaci certosini della vicina Serra San Bruno e poi, successivamente, intorno al 1500, ai Domenicani del convento di San Domenico, che avrebbero insegnato agli artigiani locali l’arte pasticcera.
I mostaccioli hanno sicuramente un’origine votiva e rituale. In origine i mostaccioli, chiamati in dialetto mastazzola o mustazzoli, dovevano essere utilizzati come ex voto, per grazia ricevuta,. Le forme dei mostaccioli, che sono arrivate fino a noi, rappresentano forme antropomorfe, animali e floreali: cuori, donne, pesci, pesci spada, sirene, capre, galli, panieri, palme, elefanti, e bambole, fiori, cavalli e cavalieri, esse barocche e fenditure che ricordano simboli arcaici e sessuali. Il mostacciolo a forma di cuore, decorato con strisce di stagnola rossa, simboleggia l’amore e si regalava, un tempo, durante i fidanzamenti, i matrimoni e le altre ricorrenze amorose. Tipica inoltre era l’usanza dei maestri “mostacciolari” di Soriano Calabro di dare la forma del santo protettore del paese dove i dolci venivano venduti in occasione delle feste patronali, una vera e propria personalizzazione in ambito locale. Un mondo di odori quello dei mostaccioli, ma anche di sapori e di colori, un mondo che si sprigionava dalla cassa dei mastazzolari di Soriano e inondava i paesi in festa e in fiera. Per le loro artistiche raffigurazioni formali, e per i profondi valori culturali, ve ne sono di bellissimi esposti come reliquie presso il Museo del Folklore di Palmi, nel Museo delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma e presso il Centro del Folklore della stessa Soriano.
I mostaccioli di Soriano Calabro sono fatti di miele, di farina e di mosto; si ottengono impastando una parte di acqua e tre parti di miele locale, sciolto a bagnomaria, quindi si setaccia la farina che si aggiunge lentamente. Dopo aver fatto riposare l’intera notte, l’impasto si modella a mano e si forgia con particolari coltelli, lavorandolo su tavoli di legno o di marmo. Dopo aver modellato nelle varie forme si esegue la cottura nel forno. La cottura dura circa venti minuti a 220 gradi, ed il prodotto finito si presenta di consistenza dura, di colore bruno, ambrato, pronto da consumare.
Esposti nelle feste patronali e nelle fiere, simboleggiavano, e simboleggiano ancora oggi, la vita e il rispetto per la propria famiglia e per la natura, vere espressioni dei sentimenti spontanei, ingenui e puri, del popolo contadino calabrese
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